Le ultime due ore in città sono le più piacevoli. Dopo un’intera mattinata tra cattedrale e MAS, la serendipity mi fa inciampare in due posti incantevoli. Evidentemente dopo qualche giorno di permanenza si innesca un rapporto di reciproca sintonia e le cose che ti piacciono ti vengono incontro. Anversa non è una città leccata e leziosa, tranne forse in qualche angolo, come Steenhouwersvest, nome impegnativo da pronunciare. Si può fare colazione da Le Pain Quotidien, luogo familiare per chi l’ha frequentato brevemente a Roma. Buono ma overpriced, dice Yusef, il quale però va regolarmente a mangiare da Renaissance, dove un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino costa 12 euro e 50. Comunque sì, Le Pain è caro.
Sulla stessa via, in direzione del lungofiume, sul marciapiede opposto c’è Fair Food. Passi per la porta a vetri e sei catapultato dolcemente in un’altra dimensione: raramente mi è capitato di provare una sensazione così immediata di relax. Si respira una pace sospesa, grazie alla sala accogliente, con la solita mistura di arredamento di recupero, i plaid sui braccioli delle poltrone per un po’ di tepore in più in inverno, le riviste (in fiammingo!), la musica discreta in sottofondo, i clienti che chiacchierano sottovoce e si scusano se disturbano mentre mandano qualche sms dal cellulare. Tutto biologico, anche le birre, le baguette fragranti, i dessert, le tisane, le zuppe vegetariane. La mia è a base di qualcosa che non riesco a identificare in nessuna lingua, ma che ripensandoci poteva essere crescione; accanto una baguette con brie e mela verde che avrei continuato a mangiare qualche altro decimetro, riversa sulla poltrona vintage con una pelliccetta bianca gettata sopra, musica non invadente in sottofondo (mi meraviglio come certi locali riescano ad avere la musica perfetta, io non ne sarei capace), più rifocillante di un massaggio in una spa. Miracolo fiammingo.
Esco a malincuore con un’ultima meta. Girato l’angolo, attraversata Sint-Jansvliet, al numero 70 di Hoogstraat c’è De Zwarte Panter, la prima galleria d’arte aperta nelle Fiandre, aperta nel 1968 da Adriaan Raemdonck in un piccolo complesso medievale che si apre a sorpresa varcando la porta d’ingresso. Nel 1330 qui c’era una pensione per i pellegrini di passaggio e qui oggi i vari spazi tra cui una cappella restaurata e le sale ampie e immacolate o nel seminterrato ospitano le opere di artisti contemporanei, tra cui i quadri impressionanti di Fred Bervoets, personaggio notevole che dagli anni 70 è un nome di riferimento per la pittura fiamminga, tra espressionismo e art brut. Un incontro sorprendente e memorabile prima di lasciare la città.
Arrivata alla stazione noto una coppia molto elegante: lei ha un abito lungo rosa fucsia, le spalle scoperte, lui in completo elegante e sono molto sorridenti. Con loro un piccolo gruppo di parenti e amici, immagino. Gli sposi si fanno fotografare nel set scenografico della Stazione Centrale, come da noi si farebbe a Ponte Vecchio o a Fontana di Trevi. Potrebbe essere la scena di un film di Bollywood, e magari fra qualche istante da ogni angolo escono ballerino che si lanciano in una coreografia memorabile. Ma devo scendere due piani sotto e trovare il treno, e dato che tutte le indicazioni sono in fiammingo, non sarà facile. Chissà se queste due sanno come si dice “Questo treno ferma all’aeroporto di Bruxelles?”
Leave a Reply