Le residenze storiche e i castelli possono essere affascinanti ma anche molto noiosi. Sono posti dove non vivresti mai, tutto esala macabro in concentrazioni variabili: le vecchie tappezzerie e peggio ancora gli arazzi (che mi inquietano più dei fantasmi), i letti a baldacchino, gli stucchi e l’argenteria esposta su tavole imbandite in attesa di commensali che non arriveranno mai. Rose mi porta nella stanza privata di John il Magnifico e dice che un visitatore qualche giorno prima ha scattato una foto in cui compare una presenza soprannaturale. E non è l’unica ad aggirarsi per Fota. In realtà le residenze neoclassiche più che da fantasmi sono infestate da finti marmi, colonne ioniche, portici dorici, ghirlande e stucchi. Fota non fa eccezione. Le stanze più accoglienti sono quelle dei bambini, con la nursery e la camera della governante ensuite.
Siamo al primo piano. La camera dell’ospite ha una carta da parati di un verde smeraldo che solo in Irlanda. C’è la camera di lei, quella di lui, con ingresso separato per poter ricevere le amanti indisturbato, e perfino un bagno con toilette e vasca, anche se non c’erano ancora i tubi di scarico. Sotto ci sono le stanze della servitù, in due ale diverse per separare maschi e femmine, e la cucina un tempo modernissime, inutilizzata da decenni. Perché, come mi spiega Rose, la servitù non si doveva vedere e non doveva perdere tempo a guardare fuori. Per questo le finestre nei locali dove lavoravano e vivevano sono così alte.
A Fota la cucina è enorme e luminosa, almeno in questo giorno d’autunno beatamente inondato di sole. Nel quartiere della servitù l’attività doveva essere frenetica. Grazie alla riserva di caccia, la proprietà era praticamente autosufficiente nel rifornire la dispensa. C’è uno stanzino arieggiato dove si lasciava a frollare la selvaggina, ci sono contenitori ricoperti di piombo, primordiali frigoriferi, forni, stufe e una parata di pentole schierate. E c’è la soglia sulla quale è scavata l’impronta di un piede, quello di una sguattera che non osava farsi vedere e faceva solo capolino dalla porta. Un giorno scoprì di aspettare un bambino e andò a annegarsi nel lago. Anche lei passa ancora da queste parti senza pagare il biglietto d’ingresso.
O abbiamo corso tantissimo, o il tempo si è fermato, perché la visita è finita ma gli invitati per il matrimonio non sono ancora arrivati. “Peccato che non sei qua il 31 ottobre. Facciamo una festa in abiti vittoriani e leggiamo storie di fantasmi a lume di candela”, mi dice Rose prima di salutarmi all’ingresso. Ci congediamo fra le colonne doriche, lei mi affida al giardiniere (chissà se c’è anche un guardiacaccia) e il tour prosegue con le serre e l’orto botanico. Tra poco vedrete i fuochi d’artificio.
(pubblicato in paoladeangelis.tumblr.com nel dicembre 2013)
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