Zanis Lipke parlava lettone, russo e tedesco. Era un personaggio misterioso, un uomo dalle infinite risorse che faceva molti mestieri. Durante l’occupazione nazista lavorava nei magazzini della Luftwaffe, proprio accanto al ghetto. Faceva l’autista e tutti i giorni portava gli ebrei dal ghetto a lavorare negli spikeri. Si era talmente conquistato la fiducia dei nazisti che questi non si preoccupavano di contare il numero esatto di persone che trasportava, e così Lipke riusciva a farne uscire qualcuno e lo nascondeva nel piccolo bunker che aveva scavato sotto un capanno a pochi metri da casa sua, nel quartiere di Kipsala.I fuggitivi restavano in quell’angusta tana sotterranea finché non era possibile trovare una via di fuga, a volte mesi, a volte anni. In tutto ne salvò una cinquantina fino all’ottobre del 45 e all’arrivo dell’Armata Rossa.
Il memoriale che gli è stato dedicato nell’aspetto ricorda i capanni di legno dei pescatori di Kipsala, costruiti con tronchi ripescati dall’acqua, con un colore e un odore particolari. È in effetti un rifugio, uno scampo dalla morte. Un progetto che coinvolge vista, udito e olfatto ed è opera dell’architetto Zaiga Gaile che vive a Kipsala e si occupa del restauro delle case di legno tipiche di quest’area: è un edificio ascetico, laconico, costruito a fianco della casa dei Lipke, in un vicoletto difficile da trovare. Un’ubicazione che ben si adatta a un museo dedicato a un nascondiglio sotterraneo, che oggi è un museo nascosto.
Si arriva davanti a un cancello nero, si suona il citofono, la porta si apre e si entra in un tunnel completamente buio. Poi si sale al primo piano, dove dall’alto si vede una ricostruzione del bunker in sezione trasversale. Sono 9 metri quadrati. Angusti, claustrofobici, che Lipke aveva anche illuminato. Lui e la moglie sfamavano gli ospiti clandestini, li tenevano in in contatto con il mondo esterno, superando anche le ispezioni dei nazisti che non si accorsero mai di niente. Il memoriale raccoglie documenti sulla storia di famiglia e alcune lettere scritte dagli ebrei una volta arrivati a destinazione. È una storia impressionante per la determinazione, la pressione psicologica, l’enorme lavoro fisico non solo di Zanis ma anche della moglie Johanna che lavorava in casa e nei campi per produrre cibo per la famiglia e gli ospiti ebrei e denaro con quello che vendeva al mercato.
Lipke è morto nell’87, dieci dopo aver ricevuto la medaglia di Giusto tra le Nazioni. Nel museo scorrono le immagini di un documentario in cui Johanna racconta la loro storia. Il memoriale quest’anno ha ricevuto il premio dello European Museum Forum, assegnato all’istituzione più audace e controversa che mette in discussione il ruolo dei musei nella società.
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