“William Orbit mi ha tirata fuori dalla folla e dalla fogna, perché non so dove mi avrebbe portata il mio entusiasmo. Ero piuttosto scatenata. Molti che conoscono la mia storia sono sorpresi che io sia ancora viva. Ero incontenibile, ma ho trovato la musica ed è stata una forza straordinaria”. Nel 2009 Beth Orton riassumeva così gli esordi della sua carriera musicale in occasione del remaster di Trailer Park, il disco di debutto che nel 1996 fece di lei la protagonista di un genere all’epoca nuovo e intrigante, la folktronica. Central Reservation le diede il successo internazionale e un Brit Award; Daybreaker ampliò le collaborazioni – Chemical Brothers e Four Tet fra gli altri, a cui si aggiunse Jim O’Rourke per la produzione di Comfort of Strangers. Una lunga pausa di sei anni e finalmente The Sugaring Season, il culmine di un percorso di progressiva spoliazione dagli orpelli elettronici, il folk senza più l’electronica. Punto e a capo, perché ora Beth Orton ha messo via la chitarra, ha imbracciato tastiere e laptop e ha scritto canzoni frizzanti, pulsanti di ritmo e poesia. A 46 anni non solo è viva, ma non ha perso un briciolo di entusiasmo, ha due figli, un marito, una dieta che le permette di convivere serenamente con il morbo di Crohn, ha da poco pubblicato Kidsticks, il sesto album, e questa estate è in tour.
Le sue risposte arrivano via email dagli Stati Uniti all’indomani della Brexit. Il suo sfogo è inarrestabile: “Sono molto triste e sotto shock per i risultati del referendum – esordisce – Mi piace far parte dell’UE e rendersi conto solo ora che sono in pericolo quanto siano profondi in realtà i legami rende tutto ancora più grave. Abbiamo avuto una pace molto lunga conquistata a caro prezzo, abbandonare tutto con tanta leggerezza mi spezza il cuore. Mi preoccupa che la decisione di uscire lasci spazio al razzismo, dia voce a qualcosa di profondamente negativo, rafforzando il peggio che è in noi. Non mi piace come la questione è stata gestita dal governo, molti di noi erano totalmente ignari delle implicazioni. Gli accordi esistenti all’interno dell’UE ci proteggevano e adesso i britannici sono in una situazione molto precaria. E’ interessante quanto stiamo imparando sul nostro paese e sulle nostre relazioni con la UE e sul nostro posto nel mondo: che si è allargato, le implicazioni globali e la nostra interconnessione. Sono state due settimane straordinarie. Uno sviluppo inedito con conseguenze inimmaginabili. E’ un peccato rendersene conto a così caro prezzo. Purtroppo sembra che non tutti lo capiscano. Il mondo è sulla soglia di un cambiamento globale che la gente deve abbracciare, invece cerca di opporvisi senza avere una reale comprensione di ciò che stanno combattendo in primo luogo. Una ristrutturazione del mondo così come lo conosciamo è inevitabile, questo è l’inizio di una fine ma non è la fine. Forse un giorno gli stati non esisteranno più. Al momento la Gran Bretagna, e soprattutto l’Inghilterra, è in lutto, confusa, ed è sempre più probabile che i governi approfitteranno della nostra vulnerabilità. Senza accordi con la UE non abbiamo diritti e ho paura di pensare a ciò che accadrà a breve termine e per i nostri figli a lungo termine. La cosa più triste è che la gente vota contro il suo istinto e interesse perché non è stata educata a informarsi meglio. Potrei andare avanti, ma alla gente non piacciono i musicisti con opinioni politiche! Una cosa che proprio non capisco, aggiungerei, perché di sicuro essere un musicista degno di nota significa innanzitutto e soprattutto essere umani. In quanto essere umano ho opinioni e sentimenti e sono estremamente consapevole del mondo intorno a me. Scrivo canzoni e faccio musica perché mi sento obbligata a farlo, è una passione, un amore. Amo le persone, la mia compassione è traboccante ed è quell’empatia che mi ispira a scrivere e cantare”.
Il disco è stato registrato a Laurel Canyon, un luogo leggendario negli anni 60. E’ ancora pieno di hippie e di artisti?
A Laurel Canyon di sicuro gli hippie sono spariti! E’ un posto molto elegante. Però c’è una comunità. I miei figli andavano in una bella scuola. Vivevamo sul crinale di una montagna sentendoci a mille miglia dalla città che invece era a portata di mano. In quanto neomamma con intenzioni creative mi ha permesso di far convivere i diversi aspetti della mia vita.
L’album è nato giocando con tastiere e loop insieme a Andrew Hung dei Fuck Buttons, poi si sono aggiunti altri musicisti in un’atmosfera rilassata, giocosa, con te al centro a dirigere e produrre. Un disco allegro e maturo allo stesso tempo.
Lavorare a Kidsticks è stato esattamente questo. Ho provato un senso di gioia e libertà nell’abbandonare certe idee fisse su come dovrei essere come musicista. Mi sono tenuta alla larga dalla chitarra acustica e ho esplorato nuovi territori, il che è stato meravigliosamente liberatorio. Non è stato sempre facile condurre e dirigere, perché non ero mai stata così coinvolta nella produzione di un mio disco.
Moon sembra una riflessione sul passare del tempo e sull’esperienza, una specie di manifesto personale.
Moon è una canzone politica. Parla di essere tenuta sveglia dall’infinito, essere rapita dalle domande e sapere che le risposte arriveranno solo quando ci addormentiamo. Parla della natura immensa di ciò che significa essere vivi mentre si è ostaggio delle cose terrene, dell’amore e dell’essere influenzati da chi si ama, essere vivi nella sua luce. Parla della follia di farsi la guerra a vicenda quando il sangue che versiamo è lo stesso, così come lo scheletro che ci fa camminare e sorregge la nostra pelle di diversi colori.
Invece Corduroy Legs è dedicata ai tuoi figli.
E’ una poesia che ho messo in musica. Ho cominciato a scriverla quando è nata mia figlia e l’ho finita di getto quando ho iniziato a recitarla sulla musica. Ho registrato la parte parlata mentre mio figlio correva per casa con addosso i pantaloni di velluto del titolo. Sono una genitrice colpevole: voglio creare e voglio esserci per i miei figli. Loro sentono la mia mancanza quando creo, si sentono abbandonati! Come se io amassi qualcun altro che loro non conoscono, ma di cui avvertono la presenza misteriosa. E’ qualcosa che disturba l’equilibrio. Ho appena fatto il mio primo tour senza di loro e al ritorno ci è voluto un po’ per ritrovare la nostra routine familiare e farmi perdonare. Sono consapevole di ciò di cui hanno bisogno da me, ma a volte sono presa da questo mio altro amore: creare ti assorbe completamente ed è come se lasciassi il pianeta per un po’. A Los Angeles la mia vita creativa e familiare erano più in armonia, non erano divise in compartimenti. Credo che c’entri il clima, ma non sono sicura!
Hai studiato chitarra con Bert Jansch e cantato con Terry Callier. Che cosa hai imparato da loro?
Ho imparato a essere me stessa. Terry mi diceva sempre che io cercavo di cantare come lui e lui come me. Adesso capisco che era un’indicazione concreta per fare in modo che le nostre voci si fondessero. All’epoca la interpretai più come un’indicazione spirituale. Entrambi mi hanno insegnato la spiritualità, anche indirettamente. Lavorare con loro è stata un’esperienza travolgente. Per molti anni avevo cercato di emulare i grandi musicisti con cui lavoravo. In un certo senso Sugaring Season è un omaggio a Bert, a ciò che abbiamo imparato insieme. Dopo quell’esperienza ho capito che dovevo essere me stessa ed è allora che è iniziato Kidsticks. Finalmente mi sono lasciata andare un po’ di più senza provare vergogna nel mostrare tutti gli aspetti della mia personalità per quanto incoerenti nel loro insieme.
(Questo articolo è uscito in forma ridotta su Il Manifesto del 5 agosto 2016)
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