Ogni mattina presto, molto prima di ognuno di noi, Venezia si sveglia e comincia a lavorare. Il suo compito è gravoso e sfiancante, ma lei cerca come può di non darlo a vedere e di portarlo a termine, come una padrona di casa abituata a intrattenere e accogliere ospiti di ogni provenienza geografica, sociale e culturale. E’ un mestiere usurante il suo, per questo la città lagunare non si sveglia fresca e tonica come San Sebastian, città oceanica. Venezia non sarà mai linda e immacolata come una camicia fresca di bucato e appena stirata. Sa che comunque è stupenda anche stropicciata. C’è sempre qualche cicca per terra o un altro segno del passaggio di orde di turisti affamati di bellezza e curiosità- ognuno vuole la sua parte, ognuno arraffa quello che può – che lasciano dietro di sé la striscia bavosa del loro passaggio. Venezia è soverchiante, qui tutto è troppo: troppa bellezza, troppa storia, troppa Opulenza & Decadenza. Lo stesso troppo che si riversa dalle vetrine degli infiniti negozi di souvenir, per cui si va via con il disgusto delle maschere e dei vetri di Murano, delle gondole e degli spritz. I piccioni però sono più puliti e sani di quelli di Roma, anche se ugualmente sfacciati, e i gabbiani più delicati e assai meno aggressivi degli albatros che spadroneggiano sulla capitale.
I turisti la consumano e lei per vendetta consuma i nostri piedi: entro in un negozio della Strada Nuova per provare un paio di scarpe, ma mi accorgo che è impossibile perché le mie estremità inferiori sono massacrate come quelle di una pellegrina partita da St Jean Pied de Port e ormai in vista di Santiago. Al terzo giorno arranco per calli e fondamenta con un paio di havaianas e la tentazione di scroccare un pediluvio là dove l’acqua appare più limpida, come al bacino interno dell’Arsenale, è fortissima.
Anche venendo da una città di bellezza stupefacente come Roma, Venezia è frastornante: quando rimetti piede per la prima volta su un ponte e ti guardi intorno, non credi ai tuoi occhi. Venezia è stra-ordinaria, già per il fatto che non sia ancora sprofondata. Abbagliante lo resta per le prime due o tre ore, così come è ultraromantica per circa mezza giornata, finché non si innesca il vizio atavico dell’abitudine. E’ clamorosa la coppia che fa il giro in gondola seduti uno di fronte all’altra, come se nella messa in scena del matrimonio felice sul più bello si fossero distratti e il reality avesse scalzato via la commedia sentimentale.
Spesso a Venezia vuoi fuggire. Fuggire dalla ressa sui ponti uguale a quella all’uscita della metro nell’ora di punta; dalle orde fameliche che come cavallette divorano Pasta & Pizza all day e ingurgitano Spritz take away; che avanzano come zombie lungo la Strada Nuova, la high street veneziana il cui nome curiosamente non sta scritto da nessuna parte; dagli ingorghi di gondole nei canali, con i gondolieri che parlano al cellulare mentre remano; fuggire dalla coda davanti S. Marco, dove turisti sprovveduti pensano di poter entrare in una basilica in shorts e canottiera, o in minigonna: fiorisce il commercio di teli di tessuto-carta in un punitivo color cacchina a 1 euro (ce ne vogliono anche due per coprire le nudità di una sola persona); fuggire dai negozi aperti 7 giorni su 7, dalla 5th Avenue del lusso che prende il nome dai moti risorgimentali del ‘48 e dalla cacciata degli Austriaci. In tanta eleganza, ogni tanto fuori dai negozi spuntano cartelli beceri scritti a mano dai commercianti esasperati dal dover dare informazioni turistiche:
(per di qua) S.MARCO-ACCADEMIA
RIALTO-TRAIN STATION (per di là)
A una finestra è appeso uno striscione: BASTA ONDE, NO GRANDI NAVI. Se Roma è infestata di SUV e jeep da Grand Canyon, Venezia ha le città galleggianti in transito che le entrano dentro come per sventrarla. Sembra l’effetto speciale brutale di un film di 007. Io manco da così tanto tempo che non so da dove cominciare. Neanche il navigatore di Google Maps lo sa tanto bene perché mi dice: “Procedi in direzione sud-est”. Nella piccola calle dove mi trovo guardo a destra, poi a sinistra, guardo anche in alto casomai, poi decido a caso e sbaglio strada. Dicono che perdersi a Venezia è la cosa migliore, sarà vero come che è la Città dell’Amore?
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