L’arrivo della primavera è stata l’occasione per rilanciare l’edizione 2017 de I Cento di Roma. Le agili guide gastronomiche della EDT (anche nella versione Milano e Torino) hanno scelto la sede di Panino Giusto a Piazza Cavour per presentare la loro selezione di 50 indirizzi top e 50 pop delle eccellenze culinarie della capitale. Panino Giusto è un format metropolitano, mirato quindi alle città, nato nel 1979 a Milano con uno scopo doppiamente rivoluzionario: elevare il panino a concetto gastronomico italiano per il suo valore culturale, di costume, e trasformare la pausa pranzo. Oggi fatturano oltre 31 milioni di euro e hanno 22 locali in Italia, uno a Londra, tre a Hong Kong, due in Giappone e uno in California. Aspettando di assaggiare i panini degli chef ospiti, ne parliamo con Ludovica Amat.
Si potrebbe fare una storia dell’Italia degli ultimi quarant’anni attraverso l’evoluzione del panino?
Dal ‘79 a oggi il contenuto di un panino, e quello che rappresenta della società, è molto cambiato. In quegli anni è stata una rivoluzione perché ha tolto una fetta di persone dalla pausa pranzo in trattoria, con la tavola apparecchiata. Togliere le posate è stata una cosa importante, compensata con prodotti molto ricchi, che all’epoca erano riservati alle ricorrenze: il salmone, il patè, i formaggi francesi, il caviale, il tartufo, fino a dieci-quindici anni fa si mangiavano solo a Natale. Oggi uno dei nostri best seller è proprio il panino al tartufo. Anche se abbiamo conservato molti panini storici, un panino del ‘79 e uno di adesso sono molto diversi: oggi il panino vegetariano non è più un cibo deprivante, al contrario è molto ricco, inoltre abbiamo introdotto i panini creati da grandi cuochi. Negli anni ‘80 c’era tanta rucola, oggi non più!
In Italia a parte le due sedi di Roma e quella stagionale in Sardegna, siete solo in Lombardia.
Durante i nostri primi 40 anni abbiamo capito che siamo una proposta metropolitana, è difficile cambiare le abitudini in Italia, dove la cultura del cibo si concede tempi più lunghi fuori delle grandi città. Se non è una vera necessità mangiare in mezz’ora con la migliore qualità possibile, difficilmente attecchisce. Il primo locale è nato in Corso Garibaldi ed ebbe grande fortuna perché era a due passi dal Corriere della Sera ed era rivolto alla borghesia professionista.
Non ci sono soli ingredienti italiani nel Panino Giusto.
Tendiamo all’italianizzazione, tranne per alcuni ingredienti, come il salmone selvaggio pescato in Alaska. Con l’Accademia del Panino Italiano, una fondazione culturale senza scopo di lucro, stiamo creando un disciplinare per mettere a punto un protocollo e avere prodotti certificati italiani. La riflessione verte anche su che cosa è italiano. E’ italiano il rito del caffè, la moka, l’espresso, basato su un prodotto non italiano. Panino Giusto fa anche all’estero solo quello che possiamo fare in Italia, perfino il pane, che surgeliamo ed esportiamo ovunque tranne in Giappone. Non utilizziamo prodotti “Italian sounding”, come il parmesan, i falsi. Ma se qualcuno viene in Campania per imparare a fare la mozzarella e poi con lo stesso disciplinare la produce in Belgio, con un latte di qualità perfino migliore di certi prodotti italiani industriali che chiamiamo mozzarella ma in realtà non lo sono, forse è il caso di aprire la prospettiva: italiano vuol dire anche maestria, non solo territorio, ma anche creatività.
Una filosofia che si estende anche all’arredamento dei locali.
All’estero Panino Giusto prende le distanze dall’immagine folcloristica e sciatta della trattoria italiana. Dal 2010 i nuovi proprietari hanno dato una forte impronta di design italiano – le lampade di Castiglioni, lo stile di tavoli e sedie – complice la provenienza di Elena Riva da una famiglia di industriali di mobili, un’eredità trasferita anche nella comunicazione.
Invece tornando ai panini?
Il nostro obiettivo è garantire a qualsiasi cliente in qualsiasi locale di fare la stessa esperienza di qualità. C’è un rito per affettare i salumi, il panino deve risultare molto alto, i sapori non devono mescolarsi, il pane è riscaldato prima. Per questo razionalizziamo le procedure, facendo in modo che tutti le imparino in modo scrupoloso, al punto che i clienti più fedeli riconoscono perfino chi ha preparato il loro panino.
Quali prospettive di carriera può trovare un giovane da voi?
Per ogni locale vengono selezionate venti persone, tra cui moltissime ragazze che risultano le migliori soprattutto a livello gestionale. L’età media è 23 anni, con provenienza da istituti alberghieri o istituti superiori del settore alimentare. Panino Giusto dedica alla formazione molte risorse. Per i ragazzi più motivati c’è un percorso personale, la Fabbrica dei Sogni, con un patto sigillato da una stretta di mano: un ragazzo di 21 anni che fra cinque anni vuole andare a dirigere un locale in Giappone, riceverà lezioni accademiche, di lingua, gastronomia per una formazione completa.
Un esempio di successo all’estero?
A Cupertino, nel cuore di Apple, nel nostro locale il wi-fi non funziona, ma non perché è rotto: i clienti non lo usano, per una volta smettono di lavorare e pensano solo a mangiare! * * *
Gli ospiti di stasera sono due chef molto apprezzati dagli autori de I Cento di Roma: uno viene dal Ristorante Chinappi, novità 2017, al numero 14 fra i Top 50, l’altro da un apprezzatissimo ristorante della provincia, Sora Maria e Arcangelo di Olevano Romano. La filosofia di Federico Delmonte del Ristorante Chinappi è usare al massimo quattro ingredienti, cercando la pulizia e immediatezza del gusto per valorizzare il grande pescato proveniente dal Golfo di Gaeta. Dal menù del ristorante viene il carpaccio di cefalo volpina con finocchi marinati nello champagne e maionese all’anice stellato: il pesce è marinato con succo di limone, anice Vernelli, sale, pepe, olio,prezzemolo e servito in una ciabattina.
Giovanni Milana del Ristorante Sora Maria e Arcangelo di Olevano Romano presenta Il Panino della Campagna Romana per ritrovare sapori persi: porchetta di abbacchio romano IGP, caciofiore e insalata di erbe selvatiche (erba noce, finocchiella, tarassaco, borragine, pimpinella) con maionese alla cacciatora con acciuga, a farcire una ciriola.
Infine i padroni di casa propongono il panino Tra i Due dello chef Claudio Sadler: bresaola della Valtellina, burrata pugliese, crema di olive taggiasche e fiore di zucca in un panino di farina di frumento arso.
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