Quando ho visto il documentario Searching For Sugarman, durante la scena della folla di diecimila persone che in Sud Africa acclamano l’ingresso sul palco di un uomo a lungo creduto morto, ho avuto una fitta al cuore. Nei miei sogni, Rodriguez è Nick che torna in vita e va in tour in auditorium stracolmi come Leonard Cohen. (Joe Boyd, produttore di Nick Drake)
A settant’anni, se solo ci fosse arrivato, immagino che sarebbe considerato uno dei migliori musicisti di sempre e che finalmente anche lui lo avrebbe saputo. (Vashti Bunyan, cantautrice)
Sospetto che Nick Drake avrebbe subìto un processo di autorarefazione simile a quello di Mark Hollis dei Talk Talk. L’Inghilterra di oggi non ha più traccia di quel magnifico sentimento tenue incarnato dal Signor Drake e se lui non avesse dato forfait alla vita, con molta probabilità avrebbe dato forfait al mercato musicale. Un elegante K.O. tecnico di uno dei più grandi pesi piuma della storia della musica. (Enrico Gabrielli, Calibro 35 e 19’40”, ha partecipato a Remembered for a while di John Parish)
Nick a settant’anni lo immagino schivo, di poche parole. Lontano dai social e indignato per la Brexit. Barba e capelli lunghi, bianchi. Lo vedo in un festival all’aperto, nel verde. Tanta gente. Lui, il suo amico Kirby e tante chitarre già accordate, pronte a essere suonate magnificamente. (Roberto Angelini, con Rodrigo D’Erasmo autore di Pong Moon, Sognando Nick Drake)
Nick a settant’anni sarebbe pensieroso e protettivo della sua solitudine. Spero che si sentirebbe apprezzato e gratificato perché il suo lavoro non è avvizzito, ma è ascoltato, amato e celebrato di continuo. Immagino che sarebbe grato di aver ricevuto quella “seconda grazia” di cui canta in Fly. (Bridget St John, cantautrice)
Se Nick Drake fosse ancora vivo a 70 anni, non sarebbe Nick Drake. (Robyn Hitchcock, autore di I saw Nick Drake)
(Dichiarazioni raccolte per “I tormenti di Nick Drake”, pubblicato su Alias de Il Manifesto il 16 giugno 2018)