Il mio primo contatto fisico con la Polonia è stato mozzafiato. L’aereo che fino a pochi minuti prima era scivolato su un materasso lanoso e bitorzoluto per quasi due ore, si abbassa e sbuca sopra verdi foreste, scende e quando tocca la pista immediatamente si rialza. Stupore e angoscia serpeggiano educatamente fra i passeggeri, inquietudini che il personale di bordo non si affanna a diradare (“runway not ok”). Facciamo un altro giro durante il quale penso che quelli potrebbero essere i miei ultimi minuti di vita prima di un disastroso atterraggio di emergenza (se continuiamo a girare significherà inequivocabilmente che dobbiamo consumare il carburante), invece al secondo tentativo – riconosco gli stessi alberi, le stesse case e terreni scavati metodicamente come si scava una vaschetta di gelato – va tutto liscio. Mezz’ora d’auto e sono in città.
Quando non sei la bella di casa impari a renderti interessante, a valorizzare quello che hai, fossero pure i tuoi difetti. In Polonia Katowice non è la più bella del reame. E’ una città operaia ancora oggi, lo è stata soprattutto dalla rivoluzione Industriale fino alla caduta del comunismo. Per secoli gli slesiani avevano creduto che la loro ricchezza fosse nell’agricoltura, invece era nascosta sotto i campi coltivati, nelle viscere della terra. Città di minatori come tutta l’Alta Slesia, cresciuta durante la rivoluzione industriale, quando era nera di carbone e di fuliggine per le attività industriali, è una città temprata come l’acciaio che ha prodotto, in cui affluivano immigrati in cerca di lavoro. Anche oggi che le miniere sono praticamente tutte chiuse, la disoccupazione è al 3%.
Katowice non è l’unica città che nella sua età post industriale guarda al turismo. Bilbao è un esempio eccellente. Anche qui c’è un fiume, la Rawa, ma scorre quasi tutto sottoterra. Non c’è la metropolitana ma molte cose sono sotterranee, come il nuovo Museo della Slesia. Ci sono fabbriche e fonderie abbandonate, ciminiere, vasti spazi industriali, alcuni dei quali già riconvertiti. L’ufficio del turismo ha creato un itinerario dei monumenti industriali. Ci sono i palazzi di cemento eretti dai sovietici, esempi di architettura brutalista, monumenti simbolo come lo Spodek, l’UFO. Oggi il nuovo volto di Katowice è quello di una città di servizi, orientata al turismo MICE con l’offerta del nuovo centro congressi. E’ tutto un fiorire di ristoranti, caffè, centri culturali, festival. Ha un istituto culturale (Miasto Ogrodów) dall’attività frenetica: non si contano i festival e le iniziative che organizza. È entrata nelle città creative Unesco come Città della Musica e nella rete ICORN, città che accolgono artisti, giornalisti e scrittori minacciati per il loro lavoro.
Qui la musica è sempre stata importante: dalle bande delle miniere alla NOSPR, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Radio Polacca; dal blues slesiano all’elettronica, al rap nella sua variante locale, al pop-rock indie e al jazz. Ci sono tante ragioni per cui vale la pena prendere un low cost e passare qualche giorno a Katowice, che fra l’altro è a 80 km da Cracovia e 50 da Auschwitz. Nei prossimi post ve ne racconto qualcuna. A cominciare dal fatto che appena arrivata ho trovato subito il mio quartiere ideale.