Molti anni fa partii per lo Sri Lanka dopo aver visto una foto su un mensile femminile. L’anno scorso ho prenotato un soggiorno a Briol dopo aver visto alcuni scatti di un amico su Instagram. In entrambi i casi l’intuito ha funzionato. Come albergo Briol ha una sola stella: nelle camere non c’è acqua corrente ma una caraffa e un bacile (stupendi), i bagni e le docce (nuovi e sempre pulitissimi) sono al piano. Non ci sono telefoni né televisione, i mobili sono solidi e quasi primitivi nella loro semplicità, eppure è un resort del nuovo lusso, quello definito dalla sua assenza. Come scrive Mathias Michel (autore del bel volume su Briol da cui provengono le informazioni): “The missing luxury is luxury itself”.
Briol è un centro benessere naturale: ti svegli (sempre abbastanza presto) e fai un’abbondante colazione contemplando le Dolomiti; cammini, leggi, prendi il sole, fai il bagno nell’Occhio di Dio, pranzi con il buffet di insalate, dormi, passeggi, leggi, prendi il sole, ceni e vai a dormire (sempre abbastanza presto) senza guardare Carosello. Confesso di aver guardato Better Call Saul, Disenchantment e Insatiable su Netflix grazie al mio modem portatile, ma soprattutto ho letto: Swing Time di Zadie Smith, un bellissimo libro di ricette di Hildegard von Bingen scritto da Eve Landis (trovato nella biblioteca della sala ospiti) e il primo volume di Melrose.
Ho scritto queste note dalla stanza della lettura, con i suoi scaffali angolari e le poltrone giallo ocra, anche queste disegnate da Lanzinger, il forno decorato con le linee colorate, le sedie che a prima vista sembrano nuove perché a fine stagione vengono spazzolate a dovere ma in realtà sono quelle originali, e un orologio a cucù sempre di Herr Hubert.
La stazione ferroviaria più vicina è Ponte Gardena, da cui si può prendere l’autobus per Barbiano per poi proseguire a piedi (questa è la versione hardcore, quella softcore è farsi venire a prendere dallo staff di Briol). Appena arrivati si viene accolti con un grappino o, nel mio caso, con un’acqua di sambuco fatta in casa. Il buffet di colazione (frutta, yogurt, affettati, formaggi, cereali, pane, marmellate) si mangia all’aperto sulla loggia, a volte una susina ti cade direttamente dal ramo nel piatto, le bacche di sambuco aggiungono qualche schizzo di colore al vestiario. A merenda, dopo una scarpinata o una giornata di ozio al sole, tè e torte meravigliose: al grano saraceno, di carote (la mia preferita), Sacher, strudel. Alle 19 in punto suona il campanaccio che convoca gli ospiti per la cena (presentarsi puntuali!) e alle 21 la giornata è finita.
Era la mia prima vacanza in montagna – ero partita senza nemmeno le scarpe da trekking! – e cercavo soprattutto riposo e un po’ di rigenerazione. Ho trovato quello che cercavo: l’aria tersa, il buon cibo, il silenzio. Ho abbracciato i tronchi dei larici, ho inalato a pieni polmoni l’aroma della terra e dei boschi, ho sentito le gambe a pezzi, ho preso un sacco di sole e sono stata ore a guardare oltre che a leggere. Quello che più ho amato è stato trascorrere intere giornate all’aria aperta, dal mattino alla sera, immersa nella natura, in un posto che è quasi identico a cent’anni fa, dove c’è solo il necessario, che qui è tutto ciò che serve.