Per trovare il bandolo della matassa della collaborazione tra Robert Wyatt e Alfie Benge bisogna cercare fra le tracce del secondo disco dei Matching Mole, il Little Red Record uscito nel novembre del 1972. All’epoca Wyatt era impegnato a suonare la batteria nei Soft Machine e Matching Mole, ma per quel disco scrisse anche le liriche di tre brani. In un pezzo del bassista Bill MacCormick, Alfie è una delle voci che sentiamo chiacchierare, insieme a quelle di un paio di suoi amici: Gloria Gloom è l’inizio ufficiale della loro collaborazione artistica mentre iniziavano a condividere anche la vita, «in work and in play», come scrive Wyatt nella sua introduzione a Side by Side – Selected Lyrics, pubblicato da Faber & Faber.
«Il mio primo disco da post batterista fu Rock Bottom, nel 1974 – scrive – La prima canzone è per Alfie, ma lei non lo sapeva!». Sea Song è una canzone d’amore tenera, impertinente, feroce e sublime. Raffigura l’amata come una creatura semi umana – un po’ pesce, un po’ focena, un po’ piccolo capodoglio, stella marina trascinata dalla corrente – la cui vera natura è selvatica, determinata dal ciclo delle stagioni e della luna. «La tua follia si sposa alla perfezione con la mia, non siamo soli», sono gli ultimi versi.
Side by Side è diviso a metà tra Robert e Alfie che all’inizio degli anni ‘80 – oltre a realizzare le copertine – esaudisce un desiderio che non aveva mai osato esprimere e comincia a scrivere le liriche per il marito. La selezione raccolta nel volume – arricchita da disegni di entrambi – per Wyatt non segue un ordine temporale: «La logica inorganica della cronologia non si applica sempre ai paesaggi sonori alcodelici delle mie canzoni», scrive. Le sue liriche provengono da quasi tutti gli album (ad eccezione di The End of an Ear e Dondestan), comprese le compilation Nothing Can Stop Us, Solar Flares Burn For You e ‘68, il Live at Drury Lane e da qualche collaborazione, oltre a un gruppetto di inediti. «Ma al centro di tutto ciò che ho fatto dalla metà degli anni ‘70 c’è Alfie. Viviamo e lavoriamo fianco a fianco», conclude nella sua introduzione.
Ironico e appassionato, sognante e lucido, accanto ai puri divertissement linguistici come Alife, Signed Curtain e Soup Song, Wyatt schiera riflessioni sul privilegio di essere bianchi (Hulloder), la deriva del Partito Comunista Britannico (CP Jeebies) che abbandona la lotta di classe (tema che ritorna in The Age of Self) e temi di perdurante attualità come la continuità storica del colonialismo razzista (The United States of Amnesia). Foreign Accents consiste di nove parole ripetute come un mantra: Hiroshima, Nagasaki, Arigato, Konnichi wa, Mordechai Vanunu, Mohammad Mosaddegh.
La sezione di Alfie Benge si apre con gli anni ‘80 a Barcellona, dove lei e Robert andarono a svernare in un paio di occasioni. Benge teneva un diario che scriveva in un bar al crepuscolo, quando la città tornava ad animarsi. In genere allo scoccare del secondo brandy arrivava un impeto di creatività che si materializzava in una poesia. A quei versi Wyatt attinse anni dopo in un momento di afasia lirica, poi cominciò a commissionarle i testi: «Mettere le parole in bocca a qualcuno la cui mente e preoccupazioni conoscevo così bene era molto più facile che farlo per uno sconosciuto. Adoravo le sfide e i piaceri del mio nuovo lavoro part-time», scrive Benge nella sua introduzione. Mentre la sezione di Wyatt è divisa in parti numerate, la sua ha titoli tematici – Spain, Birds, Conflict, Love and Loss, Random Ditties – che lasciano trapelare le vicissitudini della coppia in quasi cinquant’anni di convivenza: la storia dietro Just As You Are è straziante nella sua schietta umanità («Per fortuna la situazione si è risolta con l’aiuto di incontri settimanali con gli Alcolisti Anonimi nella sede dell’Esercito della Salvezza, convenientemente situato in fondo alla nostra strada»).
Se un volume completo di tutte le liriche di Wyatt-Benge sarebbe dovuto più che auspicabile, i brevi passaggi riportati in Side by Side invogliano a leggere i diari di Alfie, popolati da una galleria di ritratti di expat britannici, nonne galiziane, venditori ambulanti africani, modelle americane che giocano a ping pong per abbronzarsi meglio («I loro seni, scoperti, sono marroni in modo uniforme, come marshmellow al caffè. Non si muovono molto quando le ragazze colpiscono la palla. Sconcertante»).
Nella prefazione al volume Jarvis Cocker, oltre a raccontare divertenti aneddoti personali che lo legano alla scoperta di Robert Wyatt, sottolinea la scottante attualità del contenuto politico delle sue canzoni («Un’enciclopedia dei crimini del capitalismo») e il ruolo di Alfie nel documentare i piccoli momenti di bellezza per cui vale la pena continuare a lottare. Quella di Alfie e Robert è una visione del mondo umanista globale e particolare, scrive Cocker, e la loro opera testimonia il lavoro necessario per mantenere salda una relazione con il passare degli anni: il socialismo come scelta di vita anziché come mero credo.
(pubblicato su Il Manifesto del 12 novembre 2020)