Dove siamo
Il Paese Basco è un’area più piccola del Lazio che sul versante spagnolo comprende le tre province della CAV, la Comunità Autonoma Basca (Biscaglia, Alava e Gipuzkoa) e parte della Navarra, e sul versante francese le tre province di Iparralde (Bassa Navarra, Labourd e Soule). Ci vivono meno di tre milioni di persone, di cui oltre 700mila parlano euskera, la lingua più antica della penisola iberica: misteriosa, senza parenti, solitaria e ostica, di per sé costituisce un fattore identitario potente. È una regione economicamente non omogenea, di cui la CAV è l’avamposto trainante con un PIL pro capite superiore a quello della media spagnola. Oggi che la disoccupazione è in calo in tutta la Spagna (sotto il 12%) qui è scesa a poco più del 6%.
Dagli anni ’80 a oggi è cambiato tutto
Quarant’anni fa, ai tempi del Rock Radicale Basco, lo scenario era completamente diverso. Erano anni nerissimi di crisi economica e sociale, la disoccupazione giovanile era superiore al 55%, l’eroina falciava le nuove generazioni e la transizione politica arrancava. C’era il terrorismo e c’era la ZEN, Zona Especial Norte, piano anti insurrezionalista voluto dal ministro dell’interno del governo socialista di Felipe Gonzáles, poi condannato per la «guerra sporca contro l’ETA» praticata dai GAL, Grupos Antiterroristas de Liberación. Fino a quel momento la canzone di protesta aveva avuto le voci di grandi cantautori folk come Benito Lertxundi e Mikel Laboa. Il Rock Radikal Vasco divampò con la furia del punk ed espresse la protesta imbracciando le telecaster anziché il txistu (il flauto tradizionale basco), come recita l’azzeccato titolo di un libro di Elena López Aguirre. Il RRV era contro: il sistema, la polizia, il nucleare, il consumismo, la repressione, il maschilismo. Nacque grazie a Sex Pistols, Ramones, The Clash, e come questi ultimi inglobò lo ska e il reggae; ma la rabbia dei giovani baschi aveva, e ha ancora, fame di rock urbano, di heavy metal, hardcore e noise. All’epoca si diceva che Bilbao fosse territorio punk, Vitoria-Gasteiz ska-reggae, Pamplona heavy rock e San Sebastián pop.
Il Rock Radikal Vasco
L’etichetta Rock Radikal Vasco fu coniata nel 1983 dopo un festival organizzato a Tudela (Navarra) contro l’ingresso della Spagna nella NATO. I gruppi incidevano per piccole etichette locali e si facevano conoscere grazie alle radio libere, le fanzine e i gaztetxeak, i centri occupati autogestiti. I nomi: Eskorbuto, Vómito, Cicatriz, R.I.P., Los Ángeles del Infierno, Hertzainak, i Barricada di El Drogas, i Kortatu dei fratelli Fermín e Iñigo Muguruza (con la leggendaria Sarri Sarri, cover di Chatty Chatty di Toots & the Maytals, sulla rocambolesca fuga dello scrittore e membro dell’ETA Joseba Sarrionandia, nascosto negli altoparlanti usati per un concerto di Imanol Larzabal nel carcere di Martutene). Poi gli anni Ottanta finirono. «Alcuni credettero che con la scomparsa del rock radicale la musica basca si fosse estinta», dice López Aguirre. «Invece è successo che il punk-rock made in Euskadi lasciò il posto a altri generi musicali, alcuni agli antipodi, come il Getxo Sound, cantato rigorosamente in inglese», il cui unico denominatore comune era la provenienza geografica (Getxo, comune costiero della Biscaglia, parte della Grande Bilbao). Band più rappresentativa, El Inquilino Comunista.
In Italia il gruppo basco più conosciuto sono i Negu Gorriak, evoluzione dei Kortatu: rock, rap, reggae, folk basco, confluenza di hip-hop e tradizione bertsolari (cantastorie). Una band crossover con una forte identità politica, che in nome dell’autogestione creò l’etichetta Esan Ozenki (gridalo forte). Sempre molto attivo come fomentatore politico e culturale, negli ultimi anni Fermín Muguruza ha diretto due lungometraggi animati (Black is Beltza e Black is Beltza II: Ainhoa) e il documentario Bidasoa 2018-2023, sui migranti morti annegati nel fiume che divide i due versanti del Paese Basco e la Spagna dalla Francia.
Da Ondarroa a Milano, la storia di Xabier Iriondo
Xabier Iriondo, chitarrista degli Afterhours, da 53 anni passa tutte le estati a Ondarroa, il paesino di arrantzales (pescatori) dove nel 1921 nacque suo padre. La vita di Karmel, come quella di decine di migliaia di baschi, fu segnata dalla guerra civile e dalla dittatura franchista. Fu testimone diretto del bombardamento di Gernika, tre ore di terrore scatenate dalla Legione Condor nazista e dall’Aviazione Legionaria fascista il 26 aprile 1937 sulla popolazione civile della cittadina della Biscaglia. È di Karmel la voce che si ascolta in Gernika Eta Bermeo, nel primo disco solista di Iriondo intitolato Irrintzi.
«Mio padre fu l’unico della sua famiglia a non lavorare nella pesca», dice il chitarrista. «Divenne giocatore professionista di pelota basca e nel 1954 si stabilì a Milano. Giocò allo sferisterio Jai Alai di via Palermo fino ai primi anni Sessanta e mise su famiglia. Almeno una volta all’anno torno a Ondarroa e ho accumulato una serie di esperienze legate alla cultura basca, le sue tradizioni, i movimenti politici, culturali e musicali. Da bambino ascoltavo le musiche e gli strumenti tradizionali (txalaparta, dum-dum, txistu) che mio padre ci faceva sentire in macchina, oppure dal vivo durante le feste tradizionali nei vari paesini. Con l’adolescenza, dalla metà degli anni Ottanta in poi, ha avuto esperienza diretta del movimento politico culturale di quegli anni (manifestazioni, concerti, occupazioni). Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo i principali gruppi del Rock Radikal Vasco: Kortatu, R.I.P., Cicatriz, Eskorbuto, La Polla Records, Hertzainak, M-ak, Baldin Bada, Delirium Tremens, Negu Gorriak. Esperienze che hanno forgiato la mia attitudine DIY e l’urgenza espressiva che contraddistingue buona parte del mio repertorio musicale».
Una casa sull’oceano
Negli anni del franchismo parlare euskera era proibito. Iriondo ricorda che il padre «non poteva telefonare a familiari e amici perché se parlavano basco potevano avere problemi con la guardia civíl». Per questo non lo insegnò alla moglie e ai figli, e Iriondo l’ha imparato dagli amici in strada. Da alcuni anni ha una casa vacanze sull’oceano, lungo la spettacolare costa del flysch, immersa nei boschi di eucalipto tra Ondarroa e Lekeitio: si chiama Itsasgain Etxea (la casa sopra al mare) ed è un’ottima base per girare il paese. Nel 2014 ha pubblicato KX insieme a Keu Agirretxea, un cantautore e chitarrista di Ondarroa che negli anni Novanta suonava in una band hardcore/metal (Etsaiak) e oggi è un musicista folk/rock/pop molto apprezzato.
Fuori i nomi
Un altro nome raccomandato da Iriondo è AMORANTE (Iban Urizar) che fonde tradizione, contemporanea, folk, elettronica. «La sua musica viene dalla comunità, dalle radici e dalle viscere», recita la bio di Bandcamp, e ascoltandolo lo immagino in trio con Cesare Basile e Daniela Pes. Tra le giovani band indie, ci sono i DENA, power trio di Ondarroa, autori di una versione travolgente di Ceremony dei New Order in euskera. Da Mungia, vicino Bilbao, vengono i BELAKO, che guardano all’indie-electro-pop inglese, con una solida attività live in Spagna e incursioni in Europa (UK) e Stati Uniti. Suoni accattivanti, posizioni politiche intransigenti: alla domanda «I politici sono…. ?», la risposta è «Quasi tutti uomini bianchi e anziani». Una delle loro canzoni parla «dell’unico femminismo sensato che esista, quello radicale».
«Del ruolo della politica nella musica ho parlato di recente con alcuni amici», dice Iriondo. «Nelle ultime due estati ho notato il ritorno di un certo “movimentismo” (scritte sui muri, cartelli e striscioni appesi lungo le strade provinciali o durante le feste di alcuni paesi “combat” (come ad esempio Ondarroa) da parte di nuove formazioni giovanili abertzales (nazionaliste), con richieste legate alla libertà di genere e all’autodeterminazione. Dopo gli anni terribili delle leggi repressive di Aznar c’è molta voglia di tornare ad aggregarsi, discutere della situazione politica basca e spagnola, far nascere nuove associazioni politiche e creare proposte». (pubblicato su Alias del Manifesto del 16 marzo 2023, continua nella seconda parte)