“L’unique chose stable – c’est le mouvement – partout et toujours”. Jean Tinguely, 1966
Alla fine il luogo più rumoroso di Basilea è il Museo Tinguely, per la natura delle opere dell’artista svizzero. Il modo migliore per arrivarci, in una giornata di sole, è camminare dal centro lungo il Reno in direzione della torre della Roche, il grattacielo bianco che in effetti è un cazzotto in un occhio, ma poi diventa un punto di riferimento nello skyline basilese. Il museo è del ticinese Mario Botta (la firma sono i mattoncini rossi di cotto) e dentro c’è la grande collezione di sculture in ferro di Tinguely, opere di Eva Aeppli e Niki de Saint Phalle (le due mogli), e lettere, manifesti, cataloghi, fotografie, per raccontare la temperie culturale intorno all’artista.
Tinguely non era attratto solo dai motori, la velocità, i metalli o dal caso, ma anche dall’acqua come elemento che amplia le sculture, moltiplica i movimenti dei macchinari e disegna getti nell’aria. C’è una fontana all’ingresso del museo, e un’altra nella piazza del Teatro dell’Opera che – cosa importante perché i basilesi ci tengono! – è precedente a quella di Stravinsky vicino al Beaubourg di Parigi.
Usciti dal museo, si aprono varie possibilità: se avete con voi il “pesce”, potete tornare al centro facendovi portare dalla corrente. Se avete fame, potete attraversare il fiume – non a nuoto, è vietato! – prendendo un autobus nel sottovia, percorrendo il ponte, oppure con la barca (dovete camminare un po’, ma ne vale assolutamente la pena; ormai sapete che cosa penso di quelle barche deliziose). Che fare arrivati dall’altra parte? Se c’è il sole, si va a mangiare da MS Veronica, ristorante su uno stabilimento balneare sul Reno, dove ho strappato con i denti e con le unghie il mio unico e solo ritaglio estivo del 2015, proprio prima di partire per Zurigo per l’International Radio Festival. Dopo pranzo, niente di meglio che allungare verso il Museum für Gegenwartskunst (Wilfrid e Katharina Steib gli architetti), che nel 1980 fu il primo spazio espositivo pubblico in Europa dedicato esclusivamente alla produzione e alla pratica dell’arte contemporanea dagli anni ‘60 in poi. Siccome gran parte del Kunstmuseum è chiuso per ristrutturazione, fino a febbraio 2016 il Gegenwartskunst ospita anche una selezione delle sue opere, da Cézanne a Richter. Qui purtroppo la luce non l’ha creata Renzo Piano e si vede: se siete già stati alla Fondazione Beyeler, apprezzerete ancor di più l’egregio lavoro dell’architetto italiano.
Terza possibilità, se siete fan hardcore dell’architettura contemporanea, esplorate i landmark da questa parte del fiume. Nei paraggi c’è la torre della Roche, firmata da Herzog & De Meuron, il marchio più presente in città. Tornando verso il centro, c’è il bellissimo complesso residenziale Riva (vogliamo chiamarlo un condominio in stile basilese?) di Jessenvollenweider Architektur; la ex birreria Warteck, ora centro culturale con vari studi, una scuola di circo, un ristorante (poco simpatici) e un bar su su in alto (più simpatici, ma non accettano carte di credito, cosa che accade in vari locali qui nella città della BIS, Bank for International Settlements: da Veronica, invece, aggiungono un rincaro al conto se paghi con la carta).
Poi potete puntare verso la fiera, sempre Herzog & De Meuron: questo è l’ombelico del mondo a giugno durante Art Basel, la più grande fiera dell’arte moderna e contemporanea. In alternativa, non avendo l’impellenza di comprare un Picasso né un Banksy, si sale al 31° piano del Messeturm, il grattacielo, e si prende un drink al Bar Rouge, a godersi la vista.
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