Un tardo pomeriggio di un ottobre romano meno dolce del solito, salgo a piedi lungo Via Garibaldi dopo aver lasciato lo scooter alla Salita del Bosco Parrasio. L’ingresso dell’Accademia Reale di Spagna è un po’ prima del Fontanone del Gianicolo, il luogo più mozzafiato di Roma. “Roma es engañadora”, dirò poco più tardi, per restringere in un consommé la fatica di vivere nella città più bella del mondo. Anche l’Accademia di Spagna è un posto incantevole: è ospitata nel chiostro dell’ex Monastero di San Pietro in Montorio, che i Re Cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona fecero costruire alla fine del 1400.
Il 22 ottobre in 17 paesi nel mondo si è celebrato il Tapas Day e senza dubbio questa è stata una delle sedi più suggestive. Anche a Roma è andata di lusso: ci è toccato uno chef basco, quindi in realtà quello che stiamo celebrando è il Pintxos Day. La star della serata è Josean Alija del Nerua di Bilbao, il ristorante del Guggenheim (Nerua è il nome latino del fiume Nerviòn su cui museo e ristorante si affacciano).
Josean, bilbaino, a 37 anni ha già una carriera ventennale. L’anno scorso, in coincidenza con il quarto anniversario del Nerua, la rivista britannica Restaurant lo ha piazzato al n. 68 nella classifica dei migliori 100 del mondo. Per dare un’idea dell’eccellenza della gastronomia basca, vale la pena sottolineare che Euskadi, una regione più piccola dell’Umbria, con poco più di 2 milioni di abitanti, vanta 4 ristoranti tra i primi 20 di questa classifica prestigiosa.
Con una copa de cava in mano, osservo il cortile dell’accademia, idilliaco nel crepuscolo autunnale romano, che tinge ancor più di rosso il chiostro del monastero. Salgo al primo piano dove si terrà la charla dei nostri ospiti e curiosando in giro mi avvicino a una finestra che dà su un altro cortile, dove si erge una costruzione singolare. Apro l’anta per osservarla meglio, ma una folata di vento me la fa richiudere d’istinto. Resto ad osservare dietro i vetri il Tempietto del Bramante, un’astronave rinascimentale che sembra calata dall’alto in quel cortile con una manovra millimetrica.
Ozio e Libertà: vi vengono in mente due parole più appetibili e appaganti? Anche in questo caso resta appena un po’ di spazio, come nel cortile del tempietto, per qualcosa di piccolo e altrettanto gustoso: i pintxos che siamo venuti ad assaggiare e per parlare dei quali Josean ha scelto quelle due parole emblematiche. Non pungono, non sono aspri né acuminati, sono i capolavori in miniatura della gastronomia basca. Non sono vero cibo – sottolinea lo chef stellato – non sostituiscono la cena o il pranzo: sono l’appoggio che permette di continuare a bere e chiacchierare quando si esce per passare la serata con la quadrilla, la comitiva di amici, in ocio y libertad. La tradizione dei pintxos è recente, inizia negli anni ‘40, epoca in cui nelle taverne non c’era la cucina e quindi il cibo si portava da casa già pronto. Inizialmente era cibo assai semplice e rustico, ma con il tempo l’eccellenza basca lo ha migliorato trasformandolo anche in creazioni d’avanguardia.
Purezza ed essenzialità sono parole care a Josean Alija, così il primo dei pintxos caratteristici che presenta è un tris elementare: lattuga, cipolla e patata allineate in uno spiedino, condite con aceto, sale e olio. In pratica un’insalata, quindi uno dei pochi pintxos vegetali. Si chiama Grillo perché un tempo questo era “cibo da grilli” e perché mangiandolo emette un suono simile al loro frinire. Un pintxo assai rappresentativo è il Bilbaino: in origine un uovo sodo, mangiato a morsi mentre si continuava a bere. Ma la ricchezza apportata dalla rivoluzione industriale fa sì che il bilbaino, con il suo carattere chulo, borioso, ostenti il suo benessere e, siccome se lo può permettere, all’uovo sodo aggiunge uno scampo. Altro concetto è quello della Felipada: ha l’aspetto di un sandwich ed è un modo per tenere insieme vari ingredienti tra due fette di pane. Lattuga, alici, ,maionese e tabasco danno un contrasto dolce/salato/piccante. Il pane permette di tenerlo in una mano, l’altra tiene il bicchiere, e volendo si può continuare a mangiare camminando verso il prossimo bar, perché las quadrillas di amici sono itineranti, un pintxo qua, uno là finché non finiscono i soldi o la serata. Si chiude con un pintxo di un’altra epoca, segno di un cambiamento nei bar che adesso hanno cucina y cocinero, così iniziano a lavorare e preparare il cibo: un pisto de verduras con anchoa, in pratica un ceviche.
Dopo la panoramica di pintxos tradizionali, Josean Alija chiude con una carrellata sulla ristorazione al Guggenheim, catalizzatore di cambiamento in una città aperta come Bilbao, un’istituzione e un simbolo che ha cambiato il modo di pensare dei bilbaini senza alterarne l’identità e li ha collocati nel mondo di cui per carattere si sono sempre sentiti protagonisti.
Per mangiare al Guggenheim c’è un bistrot/trattoria con una cucina democratica che invita i visitatori del museo a provare proposte interessanti; un bar de pintxos, con la sua barra tradizionale di dolce e salato, e il Nerua, ristorante di avanguardia. Nel documentario girato per presentarlo, si dice che l’essenza del Nerua è un viaggio attraverso i sensi, che esplora radici, cultura e paesaggi e richiama la funzione della memoria, del ricordo. Dalla galleria di foto delle sue creazioni, Josean Alija emerge come un purista, la sua è una cucina ascetica. Non a caso il concetto su cui si fonda è muina, parola che in euskera significa nucleo.
Una ricerca filosofica-esistenziale di cui è prova il piatto creato per l’esposizione Bakailao, La sugestión de los sentidos al Museo Marítimo Ría de Bilbao lo scorso anno. Una sintesi quasi trascendentale di due prodotti tipici della impervia terra basca – la cipolla bianca (molto diversa dalla nostra, dolce, delicata, non pungente) e il peperone verde – con la potenza sferzante dell’Atlantico da cui proviene l’altro caposaldo della cucina basca tradizionale, il baccalà. Il risultato è un capolavoro di eleganza minimalista in bianco e argento, la ricerca della purezza espressa nell’essenzialità assoluta della forma.
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