“Never look back. Walk tall. Act fine”
A primavera di quasi tre anni fa ho fatto due sogni VIP. Nel primo ero con Michael Fassbender, Laurie Anderson e Lou Reed. Nel secondo con David Bowie:
Ho sognato che lasciavo i miei due anelli da qualche parte e David Bowie premurosamente me li riportava. “David, come sapevi che erano miei?”, gli chiedevo commossa e sorpresa.
Le cattive notizie da New York arrivano la mattina presto. Alle 8:30 del 9 dicembre 1980 ero in classe. Alla stessa ora l’11 gennaio 2016 ero a letto e dormivo. E’ squillato il telefono: era Sandro, il più grande fan di Bowie che conosco. Ho messo giù. “Che orario indecente”, ho pensato. Sul display del cellulare c’era un messaggio. Veniva dalla radio. L’ho aperto: “Morto David Bowie. Bisogna cambiare scaletta”. Ho richiamato subito Sandro. Non ricordo che ci siamo detti.
E’ passata un’intera settimana durante la quale mi sembra di non aver fatto altro che scorrere tweet, postare link, leggere articoli, sentire interviste e canzoni di David Bowie. Sette giorni intensamente bowieani, una specie di cura omeopatica culminata nella giornata di domenica. Dalle 17 in poi ho ascoltato BBC6 Music: Jarvis Cocker ha fatto un programma commovente, senza intenti melò. E’ bastato pescare negli archivi ed estrarre la voce di Bowie. Bowie che parla è stupendo come Bowie che canta. Quando è partita Starman, mi sono messa a cantare, cercando i testi in rete (non sono una fan, non li conosco a memoria). A cantare. Io. A gennaio 2016. Dopo questi due anni che mi hanno tolto gran parte della voglia. Io che neanche ballo più, figuriamoci cantare.
Mia madre: Paola, non ti avevo mai sentita cantare.
Ero stonata?
No, non sapevo se eri tu o la radio.
(Io sono stonata, ma mia madre è quasi sorda).
E’ tutta la settimana che mi vedo inspiegabilmente presa in questo vortice di tweet-post-riflessioni-letture-ricerche in rete e mi domando: perché? Non ho mai mai mai letto, sentito, visto tante cose su di lui come in questi giorni. Bowie non è mai stato un idolo per me. Non sono mai stata una fan di Bowie. Non ho mai avuto, o creduto di avere, un rapporto speciale con lui e con la sua musica. Allora perché sono triste? No, non è per la giovinezza (mia) che muore insieme alle rockstar. Penso alla giovinezza con una fitta al cuore se sento Forbidden Colours, non Let’s dance. Non è il pensiero della mia caducità che mi rende triste, non è per quella perdita, ma per qualcos’altro che mi riguarda profondamente.
Sono sorpresa di come tutte le sue canzoni suonino bene (anche se credo di non aver sentito in questi giorni una sola canzone da Outside, Heathen o dei Tin Machine). Suona bene perfino Modern Love, che ho sempre detestato. Suona splendida la sua voce, quando canta e quando parla. Quando parla, dalla fine degli anni ‘90 in poi, è irresistibile. Fra i vari spezzoni del Sunday Service di Jarvis Cocker c’era il messaggio di auguri di Scott Walker per i suoi 50 anni, e la reazione di Bowie – emozionato, senza parole – al microfono di Mary Ann Hobbs di BBC Radio1. E il discorso a Berklee del ‘99, dove sembra teso: a tratti appare forzato, fa un po’ il pagliaccio, infatti il discorso suona meglio per radio. Gli americani non capiscono il suo senso dell’umorismo. Gli aneddoti sono brillanti. Adoro i musicisti quando parlano di musica, sono così sexy. Ad esempio, David Bowie incontra Lennon nel 1974:
John aveva un’aria tipo [imita l’accento di Liverpool] “Oh, ecco che arriva un altro dei nuovi.” Io ho pensato: “E’ John Lennon! Non so che dire. Non nominare i Beatles, sembrerai proprio stupido.” Lui mi fa: “Ciao, Dave.” E io rispondo: “Ho tutto quello che hai fatto! – tranne i Beatles.”
Perché Bowie era un fan. Un fan della musica:
“Credetemi. Ancora adesso quando sento l’assolo più fantastico che suona da un cd che sta sfumando, mi precipito verso la manopola del volume e lo alzo per compensare la sfumata, così da non perdermi nemmeno l’ultima nota. Significa ancora moltissimo nella mia vita… La musica mi ha dato 40 anni di esperienze straordinarie. Non posso dire che i dolori o gli episodi più tragici siano stati attutiti grazie ad essa. Ma mi ha fatto compagnia talmente spesso quando mi sentivo solo ed è stato un sublime mezzo di comunicazione quando volevo commuovere le persone. E’ stata sia la mia porta della percezione sia la casa in cui vivo. Spero solo che abbracci anche voi con la stessa forza vitale e calorosa che gentilmente ha concesso a me.”
Ecco, deve essere questo che mi trafigge ill cuore. L’entusiasmo, la passione, la vocazione di fare la tua cosa. E’ così convincente che mi rianima. Sento una trasfusione di energia, un contagio emozionante e mi sembra attraverso di lui di ritrovare la mia passione, il mio coinvolgimento, che negli anni sono andata perdendo. Ed è commovente che lui possa trasmetterlo a me. Farmi tornare la voglia di sentire tanta musica, molto più di quella ascoltata negli ultimi anni, di scrivere, vivere per la bellezza, per fare quello che senti di voler fare, che è la tua ragione di vita e nient’altro. Perché vivere altrimenti? Amo adesso più che mai la vibrazione di una persona che ha fatto quello che amava e continuava a crederci e a farlo, con l’eccitazione di un ragazzino. Per questo sembrava non invecchiare, per questo sembrava non dover morire mai. Qual è il significato della vita se non questo? Fare la tua cosa, a capofitto. Non c’è altra religione, non c’è altra fede.
Al pensiero di intervistarlo sarei stata paralizzata dalla paura, ma se ce l’avessi davanti adesso lo abbraccerei con un gran sorriso di felicità e riconoscenza. Perciò, come non l’ho mai pensato, sentito e detto prima: Grazie, David.
“Bowie non è mai stato un idolo per me. Non sono mai stata una fan di Bowie. Non ho mai avuto, o creduto di avere, un rapporto speciale con lui e con la sua musica. Allora perché sono triste? “.
Dopo la morte, mi sono posto la stessa domanda: “perché sono triste?”. Solo oggi ho letto le tue parole ed ho trovato la risposta…
Bellissimo l’articolo su David Bowie: l’avevo letto allora , in quei giorni (ma ero troppo coinvolta) ed oggi più distaccata (ma è possibile?) ed è tutto così vero. La passione è il motore della vita.
Grazie, Simonetta!
Caspita. .Anch’io ho sognato che mi portava anelli ,proprio quella mattina della sua scomparsa