(pubblicato su Il Manifesto del 5 marzo 2018)
Pénélope Bagieu ha intuito la sua vocazione verso i tre anni, quando gli unici compagni di gioco erano le matite e i colori che i genitori le davano per farla stare buona. Nata nel 1982 a Parigi, di origini corse e basche, ha frequentato una scuola d’arte e ha iniziato a lavorare come illustratrice e poi fumettista. È passata dal suo blog «Ma vie est tout à fait fascinante» – in cui raccontava la vita quotidiana con humour, grazia e acume – a quello di «Le Monde» per cui è nata la serie Culottées, poi edita in due volumi da Gallimard. Pubblicati in undici paesi, in Italia il primo volume esce con il titolo Indomite – Storie di donne che fanno ciò che vogliono per Bao Publishing (che l’anno scorso ha pubblicato anche la sua biografia di Mama Cass, California Dreamin’).
Quando la raggiungo via Skype a New York dove vive da qualche anno, indomitamente dice: «Sono fortunata perché sono sempre riuscita a fare quello che volevo e vivo del mio lavoro. Sinceramente non so che altro avrei potuto fare: in tutto il resto sono mediocre».
Delle quindici protagoniste di Indomite, l’unica famosa è Joséphine Baker. Come hai scoperto queste donne singolari che tutto il mondo ignora?
La metà le conoscevo già, erano i miei idoli fin da bambina, come la vulcanologa Katia Krafft (nel secondo volume) o Margaret Hamilton, la strega del Mago di Oz. Molte di loro non sono considerate delle eroine, non sono Marie Curie o Giovanna d’Arco, quindi non meritano un film. Alcune mi sono state suggerite da amici: quando ho detto che stavo lavorando a questo progetto, ho scoperto che anche le mie amiche avevano come modelli donne poco conosciute. Una volta aperta la scatola ne trovi una, poi dieci e poi centinaia. La vera sfida è stata sceglierne solo trenta. Poi c’è un trucco: la lista dei crateri di Venere! Hanno tutti nomi di donne.
Che ricerche biografiche e iconografiche hai svolto prima di metterti a disegnare?
Volevo che queste donne si assomigliassero un po’ ma non troppo. È lo stesso procedimento usato dagli attori quando impersonano qualcuno: non ti fai un intervento di chirurgia plastica, usi il materiale che hai, il tuo viso, il tuo corpo. Per fare in modo che fossero vivide, in grado di comunicare emozioni, dovevano restare i miei personaggi, le mie bambole. Ho cercato di lasciare qualche tratto delle donne vere, come i capelli e i costumi, ma non più di quello perché altrimenti non avrebbero potuto svolgere la funzione di maschere. Ho guardato qualche foto un paio di volte e poi le ho messe via.
L’unica italiana è Giorgina Reid, guardiana del faro di Montauk. Era nata a Trieste nel 1908, si chiamava Giorgina Anzulata ed emigrò negli Usa con la madre da adolescente.
L’ho scoperta facendo una passeggiata a Montauk. Nel museo del faro c’era una fotografia di questa piccola donna accanto al Presidente Reagan. Ho cominciato a leggere la sua storia e sono rimasta folgorata da un’impresa così folle! Per me Giorgina Reid è l’esempio perfetto di una persona non considerata un’eroina e che invece lo è al 100%: ha salvato il faro dall’erosione, dedicandogli tutti i fine settimana per quasi vent’anni. Un’impresa eroica intrapresa quando aveva già più di sessant’anni.
Che qualità cercavi nelle Indomite?
Donne testarde, con una grande determinazione perché tutto era contro di loro, ma nonostante le avversità non hanno cambiato strada. È la stessa storia di Cass Elliott: una bambina grassa i cui genitori avevano un negozio di alimentari a Baltimora, quanto di più lontano da una futura popstar! In comune hanno che sapevano che cosa volevano fare della loro vita e se non potevano ottenerlo subito, hanno escogitato un piano B per arrivare alla meta.
Come si riassume una vita straordinaria in 4 pagine?
È molto importante trovare il ritmo. Devi imparare a lasciar andare gran parte della storia che vuoi raccontare, rinunciare agli aneddoti e concentrarti su quello che veramente vuoi dire. Volevo mostrare come in partenza avessero tutto contro, il momento in cui avviene il cambiamento e decidono di fare di testa loro, infine mostrare come hanno realizzato la loro ambizione e quello che ci hanno lasciato. Nel caso di Giorgina, un accenno alla prima fase della sua vita perché non era importante. Il momento in cui ha l’idea geniale di provare a difendere il suo giardino dall’erosione con la tecnica giapponese, ci riesce e capisce di avere un potere. Se fosse stata una biografia letteraria quell’intuizione avrebbe occupato una riga, ma in un fumetto che vuole mettere in risalto la sua determinazione, è il punto cruciale: anche se hai solo sei pagine, devi dedicargli una pagina intera. Quindi mai tralasciare il momento in cui hanno detto «Al diavolo! Farò a modo mio».
Ogni mini-biografia si conclude con una doppia pagina a colori che non aggiunge nulla alla storia ma funziona da intervallo, oltre ad essere bellissima da guardare.
Le storie in origine uscivano con cadenza settimanale. Racchiuse in un libro, lette una dopo l’altra creano affollamento di nomi, fatti, epoche. Volevo creare una pausa e anche divertirmi a disegnare in grande tornando a fare l’illustratrice dopo tanti sketch.
Anche «Storie delle Buonanotte per Ragazze Ribelli» di Francesca Cavallo ed Elena Favilli racconta vite di donne straordinarie, ma è stato criticato perché alcuni modelli sono controversi. Quando hai scelto le Indomite, hai fatto uno screening etico?
L’aspetto etico è importante per me. Alcuni nomi li ho scartati dopo aver spulciato le loro vite. Per un progetto così dovevo amare le donne scelte come fossero mie figlie, per poter convincere tutti della loro eccezionalità. Se hanno compiuto malvagità, doveva esserci una giustificazione: l’Imperatrice cinese Wu Zetian ha ordinato un numero incredibile di omicidi, giustificati perché doveva difendersi da chi congiurava contro di lei. Non era più malvagia di qualsiasi altro imperatore cinese del Medioevo. Oppure Nzinga, regina di Ndongo e Matamba, che fece uccidere suo fratello, che a sua volta voleva farla fuori e le aveva ucciso il figlio. A volte la gentilezza e l’educazione non funzionano.
Per l’edizione italiana non sono stati fatti cambiamenti come in altri paesi.
L’unico paese in cui ho dovuto apportare qualche cambiamento sono gli Stati Uniti (dove i due volumi sono riuniti in un unico libro, ndr). In Polonia hanno obiettato alla storia di Thérèse Clerc, militante femminista francese che ha lottato per l’aborto e la contraccezione, ma io sono stata irremovibile. Negli Stati uniti ho dovuto coprire i capezzoli di Joséphine Baker ed è stata eliminata la storia di Phulan Devi, regina dei banditi, data in sposa a undici anni a un uomo di trentatré che la violentava.Nessuna biblioteca scolastica avrebbe ammesso un libro che parla di stupro di minori e il mio obiettivo è un pubblico molto giovane. Del resto è una storia che non faccio leggere nemmeno ai miei figli. Non è necessario che un bambino sappia che ci sono genitori che vendono o danno in sposa la figlia alla loro stessa età. Diverso è il caso di Thérèse Clerc: voglio che i bambini sappiano che l’aborto non è sempre stato legale, che bisogna combattere per i diritti, che in Francia prima della sua legalizzazione era la prima causa di morte tra le donne.
A proposito di Francia, in Italia ha fatto molto clamore la lettera firmata da Catherine Deneuve. Tu che ne pensi?
La maggior parte delle firmatarie di quella lettera vive in un mondo parallelo e se riceve un approccio indesiderato può tranquillamente rispondere in malo modo, senza temere di perdere il lavoro. Non fanno un lavoro poco qualificato e non rischiano di non sapere come crescere i figli. Perché parlare a nome di tutte quando non hanno idea delle condizioni in cui vivono le donne? Sono delle irresponsabili. Ancora più triste è che temono di perdere il loro ruolo: se non sei più la preda, non sei niente. Inoltre mischiano concetti che tra loro non c’entrano niente come le molestie e il desiderio sessuale. Hanno screditato la parola delle donne: non sono femministe, non capiscono che il femminismo è sostenersi a vicenda e non dire che non si muore certo per un palpeggiamento. La cosa più terribile è che gli oppositori della causa femminile hanno sfruttato quella lettera come strumento contro le donne. Hanno dato proiettili al nemico. Se non si fosse trattato della Deneuve non avrebbe fatto notizia, invece grazie al suo nome tutto il mondo ha detto «Visto in Francia?» Devo fare molta fatica negli Usa per spiegare che quelle cento firme non rappresentano tutte le donne.
La disegnatrice finlandese Tove Jansson è una figura importante per te.
Adoro il lavoro di Tove. Ha un bellissimo tratto, studiare i suoi disegni è una lezione continua, ma ammiro molto anche come ha gestito la sua vita privata. Tove è andata dritta al punto: quello che conta non è la popolarità, il successo, ciò che fa felice il pubblico, ma ciò che rende felice me in modo molto egoistico. È la lezione migliore da ricordare quando si crea: se detesti quello che fai, la gente se ne accorge. È stata una donna molto coraggiosa: era lesbica quando in Finlandia l’omosessualità era illegale, ma se ne infischiava e ha corso molti rischi. Ancora di più mi piace il fatto che era un’orsa selvatica, voleva vivere sola sulla sua isola, lontana da tutto. È il mio sogno!
Guarda un’anteprima di Indomite volume 1
https://issuu.com/baopublishing/docs/preview_indomite/2
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