Sono scelte soprattutto affettive e sono tutti dischi di donne usciti nel 2018, perché in tutti i settori le donne sono sottorappresentate e quindi da qualche anno i cinque dischi che scelgo per Battiti (la trasmissione di Radio3) sono sempre di donne.
Alcuni anni fa avevo scritto una lettera a Cat Power sul mio blog, dopo aver visto il suo concerto all’auditorium di Roma. Le dicevo di lasciar perdere Giovanni Ribisi e di fidanzarsi con Michael Fassbender. Sono passati oceani sotto i ponti di Chan Marshall che si è lasciata tutto alle spalle e riassume la sua nuova vita in un verso di Woman, una delle canzoni di Wanderer: il dottore ha detto che non sono il mio passato, che finalmente sono libera.
Di Wanderer ha detto che è “un disco dedicato alla verità e a quelli che lottano. Le canzoni raccontano quello che è stato il mio viaggio fin qui: Come ho vissuto la mia vita, vagando di città in città con la mia chitarra, per raccontare la mia storia, nel massimo rispetto di tutti quelli che lo hanno fatto prima di me: I cantanti folk, quelli blues, e anche tutti gli altri. Tutti hanno viaggiato, e io mi sento molto fortunata ad aver avuto la possibilità di fare lo stesso”. Un disco che Cat power ha scritto, suonato, cantato e prodotto, con l’aiuto di pochissimi collaboratori, tra cui Lana Del Rey in Woman, e un vocoder in Horizon.
Neneh Cherry è un’altra scelta affettiva, per il bene e la stima che provo nei confronti di questa donna. Tutto quello che fa merita attenzione. Viene definita un’icona della controcultura, ma più che questo status sicuramente veritiero, conta la sua onestà e coerenza intellettuale. Nel suo quinto album in 30 anni, Broken Politics, uscito lo scorso ottobre, Neneh rafforza la sua collaborazione con Four Tet, alla produzione, e nel frattempo pone domande a cui spesso non c’è risposta: come comportarci in tempi in cui il rumore sopraffà i segnali, e in cui la spinta a perdere la nostra umanità e lucidità è molto forte? Quali misure prendere per difendere il sentimento di empatia che ci rende umani? Empatia è una parola che ricorre molto spesso nei discorsi dei musicisti nel 2018.
Al contrario di Neneh Cherry, Georgia Anne Muldrow è estremamente prolifica. Dal 2006 al 2018 ha pubblicato 17 dischi. L’ultimo, Overload, è uscito a ottobre per Brainfeeder, l’etichetta di Flying Lotus. Muldrow è cantante, autrice, produttrice che si muove nei territori del jazz, soul and hip-hop, e che generalmente lavora da sola. Per Overload invece ha chiamato vari collaboratori; Flying Lotus, Aloe Blacc and Dudley Perkins sono i produttori esecutivi.
“La musica è la mia disciplina, il mio modo di meditare, di ringraziare Dio, di comunicare, è il mio modo di vivere”, dice. Una vita in perenne crescita e trasformazione, attenta alla realtà che la circonda, a cominciare dalle diseguaglianze tra neri e bianchi negli Stati Uniti. Canzoni d’amore per il compagno Dudley Perkins e canzoni di lotta, degli spiritual contemporanei.
Nove canzoni femministe compongono Record, l’album di Tracey Thorn uscito all’inizio di marzo. Tracey Thorn è stata la voce degli Everything But the Girl insieme al marito Ben Watt e da sola ha pubblicato 5 dischi dal 1982 a oggi. Ha anche scritto due libri, l’autobiografia Bedsit Disco Queen e un libro sulla voce e i cantanti, Naked at the Albert Hall. Da diversi anni scrive per il New Statesman. Uno dei suoi editoriali di quest’anno, scritto dopo l’uscita di Record, si intitola “Tecnicamente non bellissima, ha una risata coinvolgente”, sottotitolo: essere descritta dagli uomini per 35 anni. Uomini che ovviamente si soffermano sui suoi lineamenti irregolari, su quello che indossa, sul fatto che sia o non sia truccata, sulla sua intelligenza che risplende da quel viso non propriamente carino.
Ho la pelle dura, altrimenti non sarei sopravvissuta così a lungo in questo ambiente, scrive Tracey Thorn, a cui non interessa suscitare compassione. E’ noioso stare a ripetere queste cose, dice, ma come è possibile che ancora oggi certi aspetti dell’industria musicale siano ancora dominati dagli uomini? Sister è una canzone scritta dopo la Marcia delle Donne che si è tenuta a Londra nel gennaio 2018, in contemporanea con altre marce in tutto il mondo. Una manifestazione imponente quella londinese, a cui Tracey Thorn ha partecipato con un senso di frustrazione e disperazione: “Perché dobbiamo ancora protestare per le stesse cose?”. O, come canta in Sister, “still arguing for the same old shit”.
Quella giornata è stata ricca di ispirazione: quando è tornata a casa ha scritto Sister ricordandosi dello slogan scritto su uno degli striscioni: Fight like a girl, lotta come una ragazza, è diventato uno dei versi della canzone, cantata insieme a Corinne Bailey Rae.
L’ultimo disco di questa cinquina è il nuovo doppio album di Julia Holter, Aviary, un disco fluido che si può sentire anche saltando da una canzone all’altra, secondo le indicazioni dell’autrice. Il titolo viene dalla raccolta Master of the Eclipse dell’artista libanese Etel Adnan: “Mi sono ritrovata in una voliera piena di uccelli urlanti”, metafora per un mondo inquietante popolato di creature belle e minacciose, i testi sono un collage che attinge alle canzoni dei troubadour occitani, a Dante a Pushkin, Saffo, alla monaca buddista Choying Drolma, per trovare percorsi di resistenza e sfida nell’inferno della Città dell’Uomo. Un’arte empatica che invita a restare umani in un mondo che ci spinge verso una ferocia innaturale: “siamo manipolati e spinti a non sentire la responsabilità del prenderci cura degli altri”, dice Julia Holter. Words I heard si chiude con il verso “Ti amo, vi amo nella Città dell’Uomo”, e questo è il mio augurio per il 2019: non dimentichiamo mai la nostra umanità, teniamola viva anche con la musica.