(pubblicato su Il Manifesto dell’8/1/2019)
“I girini continuano a gridarmi nell’orecchio: ehi, voi, Banda dei Brocchi!”. Se il mondo conosce Hatfield and The North, gruppo prog dalla vita breve, lo deve principalmente a Jonathan Coe, che nel 2001 intitolò un romanzo come il loro secondo album: The Rotters’ Club, in italiano La Banda dei Brocchi. Nel libro si contano ben 54 riferimenti musicali, un jukebox eclettico da Ralph Vaughan Williams agli Henry Cow, Yes, Eric Clapton, Genesis, Gryphon, Clash. Jonathan Coe è un grande appassionato di musica e un compositore: nel 2015 ha pubblicato Unnecessary Music, una raccolta di brani originali (su Bandcamp e Spotify) mentre 9th & 13th (Tricatel, 2001) sono letture musicate da Danny Manners e Louis Philippe. Nel nuovo romanzo Middle England, terzo capitolo della saga dei Rotters dopo La Banda dei Brocchi e Il Circolo Chiuso, la musica è presente fin dalle prime pagine, quando Benjamin, ormai 58enne, guida lungo le strade di Birmingham e dintorni sintonizzato su BBC Radio4.
Scrivere Middle England è stato più catartico o necessario dopo il referendum sulla Brexit?
E’ stato catartico ma non per via del referendum. Ho scritto il libro innanzitutto per fare pace con il personaggio di Benjamin Trotter e dargli la felicità che gli avevo crudelmente negato quando ho scritto Il Circolo Chiuso. Quanto al referendum, la saga della Brexit continuerà ancora per qualche tempo, perciò anche se mi ha fatto piacere prenderla in giro nel libro, nessuno potrà dire qualcosa di definito sulla questione ancora per molti anni.
Fino a che punto Benjamin Trotter è il suo alter ego sfigato e un modo per esorcizzare le sue ansie di scrittore?
In Benjamin concentro tutte le cose che detesto di me stesso, non solo come scrittore, soprattutto la sua indecisione e la sua mancanza di volontà, e cerco di trasformarle in battute. Scrivere di lui mi rende più facile vivere con me stesso.
Diverse pagine sono dedicate alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra, dove la musica ha avuto un ruolo fondamentale. E’ stato forse l’ultimo momento di orgoglio e unità nazionale?
E’ stato un momento di orgoglio nazionale per molti di noi perché Danny Boyle e Frank Cotterell-Boyce sono riusciti ad articolare un sentimento di identità nazionale al tempo stesso sincero e ironico, molto britannico ma anche aperto al resto del mondo. Come avviene nel mio romanzo, c’è stato chi ne ha criticato l’eccessiva correttezza politica, segno che i semi delle guerre culturali in atto oggi in Gran Bretagna erano presenti anche all’epoca. Io lo considero un grande momento per il mio paese, un momento in cui sembrava possibile un patriottismo illuminato.
In Middle England la musica caratterizza Benjamin come personaggio oltre all’epoca storica, e intensifica alcuni momenti cruciali. Come trova le citazioni musicali?
Come tutti, ascolto moltissima musica durante le mie giornate. Occasionalmente, diciamo una volta ogni due o tremila canzoni, scopro qualcosa che mi conquista e allora penso: devo trovare un modo di metterla in un libro. E’ accaduto quando ho sentito Adieu for Old England cantata da Shirley Collins, anche se in un primo momento è stata la musica a ispirarmi, non le parole: esprime una nostalgia pura e molto malinconica, che è uno dei temi ricorrenti dei miei romanzi. L’iPod di Benjamin è quasi identico al mio! I nomi dei gruppi e dei compositori che appaiono quando scorre la cronologia sono gli stessi. Sono particolarmente felice di aver citato gli Stackridge perché sono uno dei miei gruppi preferiti e non sono mai diventati famosi come avrebbero meritato.
La musica di Fauré rappresenta anche qualcosa che Benjamin teme di perdere, uno spirito comune. Questo spirito comune europeo non è forse qualcosa che le ultime generazioni hanno già perso con la globalizzazione, e che anche i loro genitori sentono meno per via del ruolo assunto dalla UE?
Forse in quel momento Benjamin esprime un punto di vista specifico di una persona di mezza età. Quando ero adolescente negli anni ’70 i miei primi viaggi all’estero sono stati nei grandi paesi dell’Europa continentale – Francia, Germania, Italia, Spagna – e da quei viaggi, sebbene fossi solo un turista, ho sviluppato un forte senso di identità europea, un’identità che coesisteva con la percezione di me come inglese, senza cancellarla. La generazione delle mie figlie è molto più globalizzata, grazie soprattutto a internet e in generale all’americanizzazione della cultura. Nel Regno Unito probabilmente i più giovani si identificano più come cittadini del mondo che dell’Europa, tuttavia sentono amaramente la loro perdita dell’identità europea in conseguenza del referendum.
Nel romanzo c’è un omaggio molto sentito ad Amy Winehouse.
Amy aveva un grande talento e la sua morte così precoce è stata una perdita terribile per la cultura pop britannica. Volevo renderle omaggio nel romanzo e siccome incarnava un certo spirito ribelle e anticonformista, si adattava al personaggio di Coriander, la figlia adolescente di Doug.
Ha in progetto altre collaborazioni come quella con Sean O’Hagan degli High Llamas?
Non credo. Mi piacerebbe scrivere un’opera di teatro musicale ma forse in una forma più convenzionale rispetto a quella tentata con Sean. La combinazione di spoken word e musica sembrava confondere il pubblico, anche se la musica era meravigliosa e certi miei testi non erano male.
Che cosa ascolta al momento e come scopre nuova musica?
Adesso sono ossessionato dalla compositrice polacca Weronika Ratusinska che scrive musica da camera e orchestrale davvero meravigliosa: lirica, cupa e misteriosa. L’ho scoperta in modo tradizionale, ascoltando la radio, ma I miei follower su Twitter conoscono i miei gusti musicali e mi danno un sacco di buoni consigli.
Questo terzo volume chiude la saga dei Trotter oppure il fatto che Sophie è incinta apre la possibilità a nuovi sviluppi, magari quando un giorno il Regno Unito dovesse tornare nell’UE?
Middle England è stato un libro molto piacevole da scrivere, soprattutto perché è stato bello permettere a questi vecchi personaggi (e amici) di tornare nella mia testa, dopo che erano stati chiusi fuori così a lungo. Per il momento li ho salutati, ma sono sicuro che torneranno: sono troppo affezionato a Benjamin per abbandonarlo definitivamente e inoltre ha solo 58 anni, è ancora giovane!