Malta e i suoi abitanti si ergono come roccia inamovibile nel fiume della Fortuna. Più che una metafora, è un’illusione. Ma sulla forza di quest’illusione Malta è sopravvissuta. (Thomas Pynchon, V)
La prima volta che ho messo piede a Valletta, ho pensato a San Francisco, dove non sono mai stata. Per quelle strade sali-e-scendi e per il fatto che sì, puoi parlare inglese, oltre che maltese e italiano. Quella prima volta e anche l’ultima, un mese fa, non avrei fatto altro che fotografare le insegne dei negozi e le finestre (“Non sono finestre!”, tuona mio cognato. “Sono balconi chiusi”). A Valletta il tempo sembra fermo. Fermo come la roccia piantata nel mare. I palazzi non restaurati, gli infissi scrostati, l’aria di grandiosa fatiscenza, il barocco ovunque, il Marks & Spencer in un paese che sembra parlare arabo (ma perché non c’è anche Boots, allora?), sono sempre un incontro piacevole e spiazzante.
All’epoca di quella prima volta, mia sorella abitava da un’altra parte dell’isola, a Birżebbuġa, sul mare, in una grande casa antica con un cortile interno. Non si poteva buttare la carta igienica nel wc per non intasare le tubature, ma tutto era elegantemente âgé e polveroso. Ogni mattina la padrona di casa andava a nuotare nelle acque limpide e cristalline della piccola baia, incorniciata dalle strutture portuali e dalla Dalamara Power Plant. Ricordo che preparai una pasta con le melanzane spettacolare.
Valletta è una città-fortezza e prende il nome non dai suoi avvallamenti, ma dal suo fondatore, Jean Parisot de la Valette, Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni. La fondò il 28 marzo 1566 posando la prima pietra (oggi è conservata nella chiesa di Nostra Signora della Vittoria) meno di un anno dopo la fine dell’assedio dei turchi. I cavalieri rimasero sull’isola oltre duecento anni, fino al 1798, ma ce ne vollero solo quindici per completare – con cattedrale, forti, bastioni e tutto – una delle più spettacolari città barocche del mondo. Il progetto era di Francesco Laparelli, collaboratore di Michelangelo nella cupola di S. Pietro, che usando probabilmente un piano preesistente, creò la città perfetta e completamente nuova che scalzò le Tre Città già esistenti al di là del Porto Grande – Senglea, Vittoriosa e Cospicua – e anche Mdina, la vecchia capitale medievale.
Anche Valletta avrebbe avuto un periodo di decadenza qualche secolo dopo. La crisi del settore navale-mercantile dopo l’indipendenza nel ‘64, il ritiro della flotta britannica nel ’79, lo sviluppo turistico in altre località lungo la costa come Paceville e St Julians, l’esodo della borghesia verso i nuovi quartieri residenziali, gli sgomberi che ridussero ulteriormente la popolazione. A Valletta restarono soprattutto gli anziani e ancora oggi ha meno di 7.000 residenti su 450mila abitanti dell’isola.
È negli anni ‘90 che le cose cominciano a cambiare per quella che i maltesi chiamano non Valletta ma “la città”, Il Belt, e i suoi abitanti Il-Beltin. Gradualmente è stata pedonalizzata, almeno in parte, già negli anni ‘80 era diventata patrimonio universale dell’Unesco, poi sono iniziati molti restauri di edifici pubblici e della cattedrale. Nel 2004 Malta è entrata nell’Unione Europea e quattro anni dopo nell’euro. Per loro finora è stato un bene. Merhba fil-belt Valletta! Benvenuti a Valletta!
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